BIBLIOGRAFIA / 2018 METROPOLITAN ANGELS

A cura di Antonio Cattaruzza e Philip Jones
IIC San Francisco USA

Artista eclettico, Giovanni Pulze, che, nell’arco della sua evoluzione artistica pur dedicandosi sempre con zelo e umiltà alla pittura e al disegno, è passato anche attraverso diversi momenti creativi diventando “designer” di occhialeria artistica di grido e in questa attività riconosciuto su tutto il territorio nazionale e internazionale. Non basta: si è sbizzarrito anche nel campo della ceramica in creazioni colorate e fantasiose. Ma egli aveva da sempre nel sangue la pittura: una passione che doveva seguire quasi fosse una predestinazione della sua vita e alla quale non ha potuto sottrarsi. Dalla fine degli anni ‘90, superata la parentesi di designer, Pulze propone come tema dominante delle sue opere il Metropolitan Angel. Dopo anni di mostre che l’artista ha già fatto in Scozia, Francia e Austria ed in tantissime città italiane, sembra sia arrivato il momento di far apprezzare anche oltre Oceano la sensibilità, originalità e la ricca tavolozza coloristica nonché l’espressività pittorica di Giovanni Pulze. L’istituto di Cultura Italiano che lo ospita a San Francisco rende possibile l’ingresso di questo artista contemporaneo anche in quel “Nuovo Mondo” che ha dato i natali a grandi pittori del Novecento, a tutt’oggi ancora imitati, e a correnti culturali che hanno inciso e modificato il gusto e le logiche tradizionali dell’arte. Infatti è già stato rimarcato in altre sedi come Pulze possa essere considerato l’esponente di una nuova corrente pittorica definita “FuturMeta” ovvero il connubio fra due importanti correnti pittoriche del ‘900: il Futurismo e la Metafisica. Il tema dominante di ogni quadro è il dinamismo vissuto dalla società contemporanea e l’esuberante e prevaricante tecnologia del ventunesimo secolo, elementi questi tipici del Futurismo storico con esaltazione della velocità e degli eccessi; parimenti troviamo rappresentata anche la sospensione dello spazio e del tempo con aggiunti elementi simbolici di spiccato significato metafisico. Pertanto, parlando più specificatamente della sua opera, evidenziamo come ad uno spettatore superficiale l’artista sembri seguire un percorso puramente figurativo, elementare negli elementi costitutivi della raffigurazione e di stampo tradizionale. Ma un occhio allenato ed incline ad una analisi attenta percepisce tanti elementi costituenti l’opera pittorica che inducono a riflettere e ad entrare in un mondo simbolico non banale e non scontato.
ANTONIO CATTARUZZA.

I paesaggi metropolitani di Giovanni Pulze, dagli splendenti colori in technicolor, sono pervasi dal trambusto e dai rumori, dalla luce abbagliante dei neon, da un insieme di luci e fanali che si riflettono sui grigi asfalti bagnati dalla pioggia. Soprattutto, però, sono paesaggi urbani pieni di persone: persone anonime, senza volto, che si proteggono trincerate dietro i loro ombrelli. Si proteggono, sì, ma da cosa?
Belli come sono, gli splendenti dettagli nelle opere di Pulze, servono solo a celare parzialmente un senso di profonda melanconia. Ci rammentano della solitudine, dell’isolamento della folla. Le figure camminano sole, incoscienti e forse noncuranti di chi passa loro accanto. Persino coloro che si stringono in qualche sporadico capannello, a braccetto sotto lo stesso ombrello, in quello che dovrebbe essere un momento d’intimità, sono in realtà indifferenti all’anonima massa di passanti senza identità che li circondano. Non si guardano neppure negli occhi l’un l’altro. Sono assieme, ma non insieme. L’ombrello, ovviamente, serve a proteggerci dalle intemperie ma allo stesso tempo serve a racchiuderci in una bolla, una sfera protettiva, che ci isola dagli altri.
Analogamente, terribile ironia della sorte, la tecnologia e i social media servono a connetterci con il mondo e allo stesso tempo a tagliarci fuori da coloro che ci stanno vicini: le persone che popolano le tele di Pulze guardano ma non si vedono, vivono, ma non “provano” nulla. Mentre ci muoviamo per il mondo, connessi ai nostri notiziari online disponibili ventiquattrore su ventiquattro, gli auricolari ci fanno ascoltare la nostra colonna sonora personale, trasformandoci nei protagonisti dei nostri drammi personali. Nel mezzo della folla, stiamo perdendo la capacità di percepirci e corrisponderci l’un l’altro, disimparando così il significato vero di “stare assieme”.
Tuttavia, guardiamo un po’ più da vicino le composizioni pittoriche: nel mezzo della desolazione, nel mezzo dell’isolamento e del vuoto, Pulze ci invia degli angeli. Sono quasi invisibili al primo sguardo, riconoscibili solo grazie alle loro fragili, pallide ali, e ai loro volti scoperti. Si muovo in mezzo alla folla, sono parte di essa, ma allo stesso tempo se ne discostano. Se le loro facce, come quelle degli altri, sono impossibili da cogliere, trasmettono comunque un senso di consapevolezza, di vigilanza, di comprensione. Essi sono “Santi” nel senso più letterale del termine ovvero sono separati da noi. Diversamente dagli angeli delle sacre scritture, questi angeli non hanno nessun messaggio da portarci: la loro mera presenza è sufficiente. Gli angeli invitano semplicemente a interagire con loro, a uscire dalla nostra bolla, a riscoprire ciò che è stato perso e, di conseguenza, a riscoprire noi stessi. Chiamiamola pure “salvezza”, se vogliamo. Lontani dalle caotiche masse, in una deserta strada di Parigi, un cagnolino guarda in su, per vedere un angelo che s’ incammina da solo. In una piazza affollata, un bambino guarda e lo indica. I loro visi, lo sappiamo, sono senza espressione, eppure scorgiamo qualcosa e capiamo che si è stabilito un contatto. La madre del bimbo, telefono in mano, rimane indifferente, ma il bambino, come il cane, ha notato qualcosa. Qualcosa di diverso. Qualcosa di nuovo, fuori dall’ordinario.
Per loro, vi è ancora della magia nel mondo. Essi, al contrario di noi, devono ancora obliare quel senso di unione e vicinanza. Metti via il tuo smartphone. Togliti le cuffiette. Posa l’ombrello. Fa’ il primo passo fuori dalla bolla.
Guarda, e vedrai degli angeli.
PHILIP GWYNNE JONES